“Vittoriosa già sul mare, ora pure sulla terra vincerai!” VITA INTREPIDA DEL PRINCIPE NERO

44 anni fa si spegneva a Cadice, in Spagna, Sua Altezza Il Principe Junio Valerio Scipione Ghezzo Marcantonio Maria Borghese, Capitano di Fregata della Regia Marina, decorato di Medaglia d’Oro al Valor Militare, noto come “Il Principe Nero” o “Il Comandante”.

Il brillante Ufficiale, nato nel 1906 ed erede di una delle più antiche e nobili famiglie del patriziato romano, si diploma a Livorno nel 1928 alla Regia Accademia Navale. Opera durante la Guerra d’Etiopia e la Guerra Civile Spagnola in qualità di Comandante di sommergibili. Proprio in terra iberica il Principe riceve la prima decorazione, una Medaglia di Bronzo al Valor Militare, oltre a potersi fregiare della Medaglia Commemorativa del conflitto spagnolo. Durante la Seconda Guerra Mondiale Borghese vive il suo periodo d’oro, una stagione di grandi eroismi che lo consacrerà nel Pantheon dei più valorosi Italiani: come Comandante del leggendario sommergibile “Scirè”, il Principe Nero ha l’incarico di trasportare i celebri SLC nei pressi degli obiettivi. Si tratta di mezzi all’avanguardia, silenziosi siluri adibiti al trasporto di piccole unità di guastatori appartenenti al miglior reparto della Regia Marina e, in quel momento, grazie al loro duro addestramento e ai loro equipaggiamenti innovativi, forse del mondo: la Decima Flottiglia MAS, gli Arditi del Mare. Compito dei piloti di SLC è posizionarsi sotto le navi nemiche all’ormeggio, attaccare allo scafo una carica esplosiva e fuggire prima che l’imbarcazione salti in aria. Durante l’attacco alla munitissima base navale inglese di Gibilterra Borghese si guadagna la Medaglia d’Oro al Valor Militare e, in seguito al quarto attacco sull’enclave britannica in Spagna, la Medaglia d’Argento. Nel Dicembre 1942 ad Alessandria d’Egitto, altro vitale porto di Sua Maestà Britannica nel Mediterraneo, il Principe è decorato con il Cavalierato dell’Ordine Militare di Savoia. A Maggio del 1943 Borghese viene finalmente nominato Comandante della Decima.

Con l’arrivo dell’estate, la tormenta del tradimento si abbatte sull’Italia. Il Principe è però un uomo d’Onore, un Eroe e un giusto: decide così di proseguire la lotta al fianco di Mussolini e, soprattutto, dell’alleato di sempre, la Marina da Guerra tedesca. Proprio con un rappresentante del Grandammiraglio Doenitz, Comandante della Kriegsmarine, Borghese sigla un trattato nel quale si conferma la totale autonomia della Decima Flottiglia MAS dai Comandi germanici e da quelli della neonata Marina da Guerra Repubblicana. La fama di Reparto leggendario, l’autonomia di cui gode la Decima, simile a una compagnia di ventura rinascimentale, il regolamento che riserva uguale trattamento a Ufficiali e truppa, la volontà di mantenere la parola data, di riscattare l’Onore d’Italia e di liberare la Penisola dagli invasori angloamericani: queste le motivazioni che spingono migliaia di giovani e giovanissimi a presentarsi volontari alla Caserma di La Spezia. Tra i tanti che aderirono entusiasticamente alla Decima troviamo alcuni grandi nomi dello spettacolo e della cultura, come gli attori Walter Chiari e Osvaldo Valenti (poi fucilato ad aprile 1945 dai ribelli), il regista Piero Vivarelli, il disegnatore Hugo Pratt, il musicista Gorni Kramer, il giornalista Ugo Manunta e molti altri. “Navi d’Italia che ci foste tolte/ non in battaglia, ma col tradimento”, recita l’Inno della rinata Decima MAS: l’ignobile armistizio del Settembre 1943 ha infatti privato la Marina italiana del suo naviglio. Borghese riforma il suo Reparto, trasformandolo in una Divisione composta in massima parte di Battaglioni di Fanteria di Marina, anche se rimangono alcuni piccoli nuclei di mezzi d’assalto (motoscafi MAS, barchini esplosivi MTS soprattutto), disposti a presidio dei porti della Repubblica Sociale Italiana.

I ragazzi della Decima ricevono il battesimo del fuoco a Nettunia, nel Lazio, dove gli Alleati sono sbarcati il 22 Gennaio 1944 nel tentativo di aggirare la Linea Gustav. Qui il 1° Battaglione Fanteria di Marina “Barbarigo” si copre di gloria sacrificando centinaia di Marò per la difesa di Roma. Un’altra Unità della Decima a distinguersi nella guerra agli Angloamericani è il 2° Battaglione Fanteria di Marina “Lupo”, schierato per mesi lungo il fiume Senio col compito di bloccare i canadesi dell’VIIIa Armata britannica nella loro conquista della Romagna. Pur trattandosi di un Reparto apolitico (vigeva il divieto per i Marò di essere iscritti a qualsiasi partito, compreso il Partito Fascista Repubblicano) e impegnato, per volontà del Comandante e dei suoi volontari, esclusivamente nella lotta contro gli Eserciti regolari Alleati con lo scopo di liberare l’Italia dall’invasione, la guerra civile si abbatte crudelmente sui militari di Borghese: essi vengono fatti segno di imboscate, agguati, sabotaggi, vengono assassinati sui treni mentre si recano in licenza, vengono torturati per costringerli a rivelare informazioni militari. Lo stesso Comandante del “Barbarigo”, il Maggiore Bardelli, cade sotto il piombo dei ribelli dopo essere stato attirato in una trappola insieme a 40 suoi Marò: l’agguato, avvenuto nel torinese l’8 Luglio 1944, costa la vita al Comandante e ad altri 9 militari (i cui cadaveri vengono vilipesi), oltre a numerosi feriti e prigionieri. Per espresso ordine di Borghese, all’agguato non seguì alcuna rappresaglia, sebbene fosse diritto dei suoi uomini vendicare i camerati caduti. Bardelli venne decorato con la Medaglia d’Oro al Valor Militare alla Memoria. In numerosi casi si registrano episodi di dialogo e perfino collaborazione tra soldati della Decima e ribelli, segno tangibile della contrarietà delle truppe di Borghese alla guerra civile, se non come risposta ad attentati e sabotaggi. L’evento più clamoroso è il tentativo di salvare l’Istria dalle mire del Maresciallo Tito coinvolgendo partigiani bianchi (ex militari, cattolici, democratici), uomini della Decima MAS, soldati di “Mariassalto”, il troncone della vecchia Flottiglia rimasto fedele al Re e alcuni reparti da sbarco inglesi in funzione anticomunista e antislava. Il tentativo viene accantonato ancor prima di iniziare l’operazione e costa la vita a quasi tutti gli effettivi della Brigata Partigiani Bianchi “Osoppo”, massacrati dai ribelli rossi come traditori nella mattanza nota come Strage di Porzus (Friuli), avvenuta nel Febbraio 1945 e per anni attribuita dalla vulgata comunista a unità della Repubblica Sociale. Proprio la difesa dell’italianità della Venezia Giulia dai tentativi di annessione alla neonata Jugoslavia comunista costò ai Marò di Borghese incredibili sofferenze, trasformandoli al contempo in Martiri della Patria: lo scontro più iconico di questa epopea della Decima sul confine orientale è certamente la battaglia di Tarnova della Selva, avvenuta nel Gennaio 1945. In questa occasione il Battaglione Bersaglieri “Fulmine”, specialmente la sua 3° Compagnia “Volontari di Francia”, composta dai figli di immigrati oltralpe rientrati in Patria per difenderne l’Onore, si immola in una sanguinosissima difesa in mezzo alla neve per impedire che i barbari titini, spaventosamente più numerosi e meglio equipaggiati, giungano a Gorizia, perdendo 86 uomini. I prigionieri vengono, in seguito, crudelmente seviziati e spesso infoibati. La stessa sorte era già toccata ai loro camerati posti a difesa della Dalmazia, di Fiume (la locale Compagnia “D’Annunzio” della Decima fu annientata) e dell’Istria orientale.

Per Borghese e i suoi valorosi soldati la guerra finisce a Milano il 26 Aprile 1945, quando il Comandante scioglie il Reparto e ammaina la Bandiera per l’ultima volta. Il “Barbarigo” e il “Lupo” si erano già arresi agli Alleati nell’Italia nordorientale, ricevendo l’onore delle armi dagli avversari.

In seguito al conflitto il Principe Nero subisce numerosi processi, venendo condannato, nel 1949, per collaborazionsimo con le FFAA Tedesche. La sua opera di salvaguardia della Venezia Giulia, delle industrie delle industrie del nord minacciate di distruzione dai germanici, la sua esemplare condotta nella guerra navale 1940/1943, la sua opera assistenziale ai prigionieri dei tedeschi gli valgono il condono di 9 anni sui 12 complessivi della pena comminatagli.

Dal 1951 al 1953 Borghese è Presidente Onorario del Movimento Sociale Italiano, dapprima appoggiando la linea del Segretario Giorgio Almirante, poi staccandosi dal MSI e fondando, nel 1968, il Fronte Nazionale.

Accusato di essere l’organizzatore del tentato golpe perpetrato la notte dell’Immacolata del 1970, il Principe Nero è costretto all’esilio in Spagna, dove muore esattamente 44 anni fa, il 26 Agosto 1974.

I funerali sono fissati per il 2 Settembre, nella Basilica di Santa Maria Maggiore a Roma, dove si trova la Cappella di famiglia. Essi, per volere delle Autorità, avrebbero dovuto essere privati, senza gli Onori dovuti a una MOVM, anonimo se non per la lettura della Preghiera del Marinaio. Un massiccio dispiegamento di Forze di Polizia è preposto a far rispettare l’ordine. Finita la Messa, sette giovani militanti di AN riescono a traslare il feretro dall’angusta cripta nella quale era nascosto alla vista della folla accorsa ad omaggiarlo, portandolo nella navata principale della Basilica, dove finalmente l’Eroico Comandante riceve gli Onori che merita, solennemente commemorato dai figli, dagli amici e dai vecchi camerati.

Anche noi, Comandante Borghese, vogliamo oggi onorarti come uno dei più valorosi e capaci militari Italiani, uno tra i più puri e fedeli Patrioti della nostra Storia, un Uomo animato nel più profondo del suo animo dai Valori di Onore, Lealtà, Giustizia. Ti omaggiamo con il saluto gridato dai tuoi marinai tra i flutti del Mediterraneo, nel ghiaccio di Tarnova, nelle trincee fangose del Pontino e del Senio.

DECIMA, COMANDANTE!

 

Lorenzo Daniele