12 Settembre 1943: Va in Scena l'Operazione Quercia

Il 12 Settembre 1943 rappresenta una data fondamentale per la rinascita del Fascismo In Italia.  In questo giorno, il Duce Benito Mussolini venne liberato dalla sua prigionia sul Gran Sasso grazie allo spericolato intervento di reparti germanici inviati dal Führer in persona.

Sin dalla sciagurata ultima seduta del Gran Consiglio del Fascismo, nella notte tra il 24 e il 25 Luglio 1943, il Duce rimase in balia del tradimento di cui prima manifestazione fu la sfiducia della maggior parte dei gerarchi, tra cui alcuni nomi di spicco furono quelli del Maresciallo d’Italia Emilio de Bono, anziano militare, Quadrumviro della Marcia su Roma ed Eroe della guerra in AOI, del diplomatico Conte Dino Grandi, in più occasioni Ministro durante il Ventennio ed autore dell’ordine del giorno che portò alla caduta del Regime e nientemeno che del Conte Galeazzo Ciano, Ministro degli Esteri e marito di Edda Mussolini, figlia del Duce.

Una volta deciso di rassegnare le dimissioni da Capo del Governo, Mussolini fu fatto arrestare dal Re all’ingresso di Villa Savoia (la residenza romana del Monarca), atto che perfino la Regina Elena deprecò fermamente.   Da quel momento il Duce fu spostato da un carcere segreto all’altro su ordine del nuovo governo retto dal Maresciallo Pietro Badoglio, altro vecchio ufficiale che molto doveva al Fascismo e che già durante la Grande Guerra si era segnalato come incapace e vigliacco, in quanto fu tra i principali responsabili della rotta di Caporetto, nell’autunno 1917, da non dimenticare che riuscì a insabbiare questa responsabilità  facendo ricadere la colpa del disastro sui suoi incolpevoli soldati.

La Capitale, però, pullulava di agenti tedeschi, in particolare legati alle SS del Colonnello Dollmann, uomo del Reichsführer Himmler a Roma e all’SD, il Servizio Segreto, i quali informarono tempestivamente Berlino dell’arresto dell’uomo che Hitler definì “il suo unico amico”, nonché prezioso alleato, se non altro per difendere la frontiera meridionale del Reich dall’avanzata angloamericana.  Subito il Führer convocò il Tenente Colonnello delle SS Otto Skorzeny, austriaco come lui ed artefice di numerose imprese spericolate a capo di commandos nazisti. Possiamo ricordare ad esempio il tentativo di cattura del leader della resistenza jugoslava Tito per mezzo di alianti lanciati sul tetto del suo covo, l’idea di fare del figlio di Winston Churchill un ostaggio o addirittura la rischiosissima quanto efficace azione di sabotaggio delle linee americane nelle Ardenne, operata l’anno successivo ai fatti narrati.

 Skorzeny, insieme al Generale della Luftwaffe Kurt Student, che era comandante delle truppe paracadutiste del Terzo Reich, i Fallschirmjäger (anche noti come “Diavoli verdi”), si recò immediatamente a Frascati, dove aveva sede il Comando Generale delle Armate tedesche in Italia, per scoprire dove Badoglio teneva prigioniero Mussolini.              Qui gli agenti germanici intercettarono la lettera di un Carabiniere Reale, nella quale il militare comunicava la presenza del Duce a Ponza. In seguito, però, il Capo del Fascismo venne tradotto a La Spezia, per poi essere rinchiuso in una villa sulla Maddalena, una volta giudicate insufficienti le misure di sicurezza nella città ligure.

Proprio sull’isola sarda, Skorzeny attuò un volo di ricognizione, e confermata la presenza del Duce mediante un suo infiltrato tra i marinai italiani, dopo aver fotografato la zona dall’alto, preparò un piano di intervento.      L’operazione prevedeva una visita di cortesia da parte di un’unità di naviglio sottile della Kriegsmarine, il cui equipaggio avrebbe poi dovuto aggredire di sorpresa le guardie badogliane e trasportare Mussolini in salvo via mare. Solo poche ore prima dell’inizio dell’azione i tedeschi notarono un eccessivo rilassamento dei militari italiani di sentinella sull’isola poichè il Duce era già stato portato via in aereo.            Solo la fortuna aiutò i Servizi Segreti nazisti a scoprire la nuova prigione del Capo Fascista. Il Maggiore delle SS Kappler, responsabile di tutte le unità di Polizia tedesca a Roma, intercettò infatti un messaggio cifrato firmato dal Questore Gueli, nel quale il funzionario informava il Governo che le “nuove misure di sicurezza sul Gran Sasso” erano state approntate. Adesso “l’uomo più pericoloso del Reich”, come veniva chiamato Skorzeny, sapeva quale sarebbe stato il teatro dell’Operazione Quercia: un albergo dismesso di Campo Imperatore, località sciistica sulle montagne abruzzesi.

Il “Fall Eiche” (nome tedesco dell’operazione), studiato da Skorzeny insieme al Colonnello dei paracadutisti  Mors, uomo di fiducia di Student, scattò alle 3 di notte del 12 Settembre 1943. Mentre una colonna motorizzata, guidata dallo stesso Oberst della Lutfwaffe, attaccava il posto di guardia italiano nel villaggio di Assergi, da dove partiva la funivia, unico mezzo per raggiungere Campo Imperatore, un gruppo di alianti atterrò in vetta, cogliendo di sorpresa le sentinelle, le quali già avev

Alessandro

avevano avuto ordine di agire con la massima prudenza, senza ingaggiare scontri a fuoco con eventuali reparti tedeschi che sarebbero potuti arrivare a liberare il Duce, col rischio di ferire o uccidere l’ex Capo del Governo.

Il Re aveva già disposto, infatti, di consegnare Mussolini vivo agli Alleati. Solo l’avventatezza di Skorzeny, il quale, oltre a essere un uomo al quale il significato della parola paura era del tutto ignoto, era anche un inguaribile narcisista affamato di notorietà, portò ad alcuni incidenti durante l’azione. In primo luogo impose al suo pilota di scendere in picchiata su Campo Imperatore, per essere il primo a toccare terra, creando così confusione nella formazione di alianti, due dei quali si schiantano ferendo parecchi paracadutisti. In seguito l’ufficiale SS fu il primo a incontrare il Duce nella sua stanza, informandolo che era appena stato liberato dai suoi alleati tedeschi, e così contravvenendo a quanto pattuito col Generale Student, il quale gli aveva imposto di presenziare al “Fall Eiche” solo in qualità di “osservatore politico”. Infine volle salire sul piccolo aereo Storch (il famoso “Cicogna”, ricognitore usato dalla Luftwaffe durante la Seconda Guerra Mondiale) insieme a Mussolini: il peso dei due uomini (solo Skorzeny pesava almeno 80 chili) e il ristretto spazio di decollo rischiarono di far precipitare l’aereo nel burrone. Solo la perizia del pilota permise al velivolo di raggiungere Pratica di Mare.

Dall’aeroporto laziale il Duce, sempre sotto scorta germanica, raggiunse in volo Monaco di Baviera, dove lo attendevano alcuni gerarchi fuggiti alla compagna di arresti ordinata da Badoglio, oltre che parte della sua famiglia. Finalmente, il 14 Settembre 1943,  Mussolini giunse a Rastenburg, nella Prussia Orientale, dove incontrò un Hitler raggiante.          Il Führer aveva  finalmente conquistato la sicurezza di poter sfruttare il carisma che il Duce esercitava ancora sui Fascisti per convincerli a tenere le retrovie del fronte italiano, già flagellate dalle prime azioni dei ribelli. Ciò, ovviamente, permise alla Wehrmacht di stanziare un maggior numero di soldati in prima linea, mentre il mantenimento dell’ordine fu delegato direttamente alla rinata Milizia.

 

 Lorenzo Daniele